Onorevoli Colleghi! - Com'è noto, l'immigrazione su vasta scala, in Italia, è un fenomeno recente, diversamente che in altri Paesi dove è presente da tempo, o che addirittura si sono formati e sviluppati da una miscela di immigrati dalle origini più diverse (come è avvenuto negli Stati Uniti d'America). Da qui la difficoltà, che del resto non è solo italiana, di predisporre misure efficaci per garantire un buon adattamento lavorativo e sociale degli immigrati. Tali misure, tuttavia, sono oltremodo necessarie sotto un duplice profilo: da un lato, quello umanitario, volto a garantire agli immigrati condizioni di vita dignitose, degne di un Paese civile e democratico come il nostro; dall'altro, quello della sicurezza, perché è indubbio che uno straniero abbandonato a se stesso, in un Paese di cui spesso non conosce nemmeno la lingua, rischia di essere facile preda della criminalità, organizzata e non.
      Questa situazione, che periodicamente riesplode in Italia nelle forme di una «emergenza» difficile da affrontare, non ha finora permesso di impostare razionalmente problemi cruciali, come quelli dell'alloggio, del lavoro, dell'integrazione culturale e sociale.
      Deve prevalere una politica di assimilazione o un assoluto rispetto delle culture di origine? La soluzione andrebbe cercata in uno dei punti intermedi tra queste due soluzioni estreme, ed è quello che si prefigge la proposta di legge in oggetto, attraverso una serie di modifiche al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.
      In particolare, l'articolo 1 prevede il diritto al riconoscimento, sulla base di requisiti prestabiliti e del principio del silenzio-assenso, dei titoli di formazione professionale acquisiti all'estero, e non più la mera possibilità di chiedere tale riconoscimento secondo condizioni e modalità fissate per singoli casi, come attualmente previsto. In questo modo si intende assicurare una procedura più spedita di riconoscimento delle qualifiche professionali, al fine di un miglior inserimento dello straniero nel mondo del lavoro, limitando il cosiddetto «brain waste»: attualmente, infatti, la maggior parte degli stranieri che possiedono un livello di scolarizzazione più elevato rispetto ai lavoratori italiani sono inseriti nel settore secondario del mercato del lavoro, caratterizzato da occupazioni più insicure, instabili e faticose.
      Lo stesso articolo 1, inoltre, impegna le regioni a promuovere specifici interventi che facilitino l'ingresso e l'inserimento dei cittadini extracomunitari nel mercato del lavoro, nonché corsi di aggiornamento per gli operatori degli enti locali addetti ai problemi dell'immigrazione.
      L'articolo 2, invece, mira ad agevolare il ricongiungimento familiare degli immigrati, da un lato sopprimendo alcuni limiti introdotti nella scorsa legislatura dalla legge n. 189 del 2002, che ha modificato il citato testo unico; dall'altro, sancendo in modo esplicito il principio per cui il nulla osta al ricongiungimento stesso non può essere negato se non in presenza dei gravi motivi indicati dall'articolo 29, comma 7, del medesimo testo unico, riducendo così il potere discrezionale esercitabile in materia dall'autorità amministrativa. Ciò partendo dal presupposto che un'efficace politica di integrazione non può prescindere da un'adeguata considerazione degli affetti e dei problemi familiari dell'immigrato.
      L'articolo 3 prende in considerazione la questione del diritto allo studio, impegnando tutti gli enti interessati a garantire la parità di trattamento tra studenti italiani e stranieri nell'accesso ai benefìci previsti dalla normativa vigente in tale settore. È inoltre prevista la concessione di borse di studio e di altre provvidenze riservate a studenti extracomunitari meritevoli e in difficili condizioni economiche.
      L'articolo 4, infine, incrementa le misure di integrazione sociale di cui all'articolo 42 del citato testo unico, prevedendo attività di ricerca, studio e progettazione sui diversi aspetti dell'immigrazione e promuovendo, a tale fine, la partecipazione diretta dei cittadini stranieri a tali attività. È inoltre disposto che le regioni e gli enti locali stabiliscano sovvenzioni e agevolazioni riservate alle associazioni che svolgono continuativamente attività in favore degli immigrati.

 

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